Godere
La serata di ieri è stata fuori dal comune per me. Vi direte: e grazie, l'Italia ha vinto i Mondiali dopo 24 anni. Ma che: quello è solo un dettaglio. Provo a stilare una radiocronaca della mia serata.
Ore 16.30: vado in palestra con Fred. Ci sbrighiamo a fare gli esercizi (abbiamo il turno lungo, quello da un'ora e passa), pronti per andare al pub George Abbott, con la truppa che ci ha accompagnato per tutte le serate clou dei mondiali. In pratica, per riassumere la cosa, si sono creati, finché il cartellone lo permetteva, dei gruppi di ascolto/aiuto/consolazione reciproca: tutti andavano alle partite di tutti e tifavano tutti. Fino al conflitto di interessi inevitabile di ieri sera: Italia contro Francia, col tosto francese che mi sfotte da venti giorni a questa parte per Euro 2000. Mentre, tra un esercizio e l'altro, ci guardiamo Federer che si mangia a colazione Nadal, Fred mi dice che c'è un piccolo cambio di programma ("Sono tutti al Guildford Tup, andiamo lì no?"). Io do il mio assenso, sfinito ed incapace di pensare per via dello sforzo sovrumano che sto compiendo.
Ore 18.15: passiamo a prendere Dave e Catia (due del gruppo d'ascolto) e andiamo a questo benedetto pub. Faccio lo sborone e decido di pagare da bere a tutta la combriccola. Mi reco al bancone, ed una graziosissima pulzella con treccine tricolori (blu, bianco e rosso, a quel tricolore mi riferisco) mi vuole rifilare un Carpené Malvolti, proprio quello che in Italia si compera al supermercato. Siccome la bottiglia costa 24 Euro e, tra le altre cose, è pure calda, propendo per un Pinot Grigio tedesco (che i tedeschi probabilmente comprano al supermercato come il Carpené Malvolti, ma almeno non lo sapevo ed era fresca). Mi fa il conto un cameriere con l'accento spiccatamente francese e una maglia da rugby con il galletto in bella vista. "Siamo capitati bene" mi dico e proseguo verso i miei amici. Scopro che hanno preso un tavolo in mezzo ad un folto gruppo di persone, tra le quali non conosco nessuno, a parte un tizio... francese, che mi accoglie con una freddura ("Lo sai che cosa sanno fare bene gli italiani? Rimettere il tappo alle bottiglie di Champagne", ancora riferendosi ad Euro 2000). Deglutisco. Comincio a capire. In poco meno di venti minuti il pub è popolato da un'unica, foltissima rappresentativa francese. Solo francesi intorno a me. Fred mi ha portato con l'inganno in un pub di francesi, per francesi.
Ore 19.00: quando battono il calcio d'inizio avrei voglia di rifilare un cazzotto a Fred. Mi contengo a fatica. Zidane scucchiaia un calcio di rigore inesistente. 'Sti maledetti esultano tutti. Ma che cacchio vi esultate. Fred mi guarda con lo sguardo paraculo di chi sa che ci sta beffando un'altra volta. Al gol di Materazzi non dico niente. Corro verso il bagno e mi chiudo dentro. Caccio un urlo che mi avranno sentito pure in Bangladesh. Al ritorno mi rendo conto che, per la frenesia, sono entrato nel bagno delle donne. Pazienza. I miei amici si scompisciano. Io sto male. Ma fisicamente male. Questi inveiscono a ogni cosa, sbruffoneggiano, sommergono la nostra squadra di stereotipate acclamazioni. Che belve. L'uomo, mi dico, si aggrega e diventa simile alla bestia. Panem et circenses. Siamo così. Anche gli italiani sarebbero stati gli stessi. Si va ai supplementari, dopo una sofferenza indicibile (la Francia avrebbe meritato un gol e un rigore, sacrosanto questa volta, durante il secondo tempo). Zidane. Che bravo Zidane. Maaammamiaa Zidane che incorna di testa, come ha fatto col Brasile. Zidane che fine triste che hai fatto. Sono sicuro che te la sognerai per sempre quella capocciata. Che poi già che hai perso la testa, ma almeno potevi fargli veramente male. I rigori. Quando Grosso segna mi ritrovo, stremato, ad abbracciare una colonna di sughero dipinta di rosso. Avrei voluto dispensare ombrelli a destra e a manca. Invece mi sono solo abbracciato la colonna.
Ore 22.00: mi spìano che c'è un pub poco distante nel quale è radunato un capannello di italiani. Lo raggiungo di corsa. Gli altri mi stanno dietro. Lungo il tragitto dispenso pugni chiusi a destra e a manca, e gli inglesi tutti mi clacsonano per risposta. Che tanto godono, pure loro. Godono. Arrivo al pub. Mamma quante belle ragazze che ci sono. Si vede che mi manca l'Italia. Ormai la tipa italiana media mi è quasi passata di mente. Mi fisso su una italo-inglese-svedese da panico. Ha le bianche guance dipinte di bianco rosso e verde, è perfetta. Mi afferra la mano per cantare "We are the Champions". Il contatto è meglio del rigore di Grosso. E ora che ci penso anche un po' meglio della colonna di sughero rosso. Siccome sono uno che sa cavalcare l'onda, uno che con le donne ci sa fare, uno che non si lascerebbe mai scappare l'occasione di chiederle almeno il numero di cellulare, in una serata in cui si potrebbe ottenere col minimo sforzo molto, molto di più, decido di saltare al collo di un pelato multitatuato e comincio a zompare con lui. "Pooo po po po po pooo pooo". Finalmente. Che liberazione. Questo che mi sono abbracciato ha un fare un po' strano. Una canottiera con un tricolore... ma non un tricolore qualsiasi... una fiamma tricolore. Anzi, una Fiamma Tricolore. Non è solo: sono due, tre, quattro, salutano romanamente e cantano l'inno nazionale. Sono talmente attapirato che preferivo godermi i francesi. Al diavolo le gnocche. Al diavolo tutto. Non è serata.
Ore 23.00: torno a casa con Fred. Potrei infierire, ma non lo faccio. A metà strada la sua macchina inizia a fumare. "In dieci anni non mi ha mai dato problemi, e proprio questa sera...". Potrei infierire. Al telefono raccomando a mio padre di registrare la telecronaca italiana dell'evento. Mi è mancata. Torno a casa e mi faccio un piatto di pasta col tonno. Mentre tento di guardare le ultime notizie. Internet non funziona. Potrei quasi dire che "Mi sento scotto come il tagliolino al pesto che ho mangiato". Ma inutile illudersi. La mia era solo pasta lessa con l'aggiunta di tonno in scatola sgocciolato. E buonanotte allora.
Ore 16.30: vado in palestra con Fred. Ci sbrighiamo a fare gli esercizi (abbiamo il turno lungo, quello da un'ora e passa), pronti per andare al pub George Abbott, con la truppa che ci ha accompagnato per tutte le serate clou dei mondiali. In pratica, per riassumere la cosa, si sono creati, finché il cartellone lo permetteva, dei gruppi di ascolto/aiuto/consolazione reciproca: tutti andavano alle partite di tutti e tifavano tutti. Fino al conflitto di interessi inevitabile di ieri sera: Italia contro Francia, col tosto francese che mi sfotte da venti giorni a questa parte per Euro 2000. Mentre, tra un esercizio e l'altro, ci guardiamo Federer che si mangia a colazione Nadal, Fred mi dice che c'è un piccolo cambio di programma ("Sono tutti al Guildford Tup, andiamo lì no?"). Io do il mio assenso, sfinito ed incapace di pensare per via dello sforzo sovrumano che sto compiendo.
Ore 18.15: passiamo a prendere Dave e Catia (due del gruppo d'ascolto) e andiamo a questo benedetto pub. Faccio lo sborone e decido di pagare da bere a tutta la combriccola. Mi reco al bancone, ed una graziosissima pulzella con treccine tricolori (blu, bianco e rosso, a quel tricolore mi riferisco) mi vuole rifilare un Carpené Malvolti, proprio quello che in Italia si compera al supermercato. Siccome la bottiglia costa 24 Euro e, tra le altre cose, è pure calda, propendo per un Pinot Grigio tedesco (che i tedeschi probabilmente comprano al supermercato come il Carpené Malvolti, ma almeno non lo sapevo ed era fresca). Mi fa il conto un cameriere con l'accento spiccatamente francese e una maglia da rugby con il galletto in bella vista. "Siamo capitati bene" mi dico e proseguo verso i miei amici. Scopro che hanno preso un tavolo in mezzo ad un folto gruppo di persone, tra le quali non conosco nessuno, a parte un tizio... francese, che mi accoglie con una freddura ("Lo sai che cosa sanno fare bene gli italiani? Rimettere il tappo alle bottiglie di Champagne", ancora riferendosi ad Euro 2000). Deglutisco. Comincio a capire. In poco meno di venti minuti il pub è popolato da un'unica, foltissima rappresentativa francese. Solo francesi intorno a me. Fred mi ha portato con l'inganno in un pub di francesi, per francesi.
Ore 19.00: quando battono il calcio d'inizio avrei voglia di rifilare un cazzotto a Fred. Mi contengo a fatica. Zidane scucchiaia un calcio di rigore inesistente. 'Sti maledetti esultano tutti. Ma che cacchio vi esultate. Fred mi guarda con lo sguardo paraculo di chi sa che ci sta beffando un'altra volta. Al gol di Materazzi non dico niente. Corro verso il bagno e mi chiudo dentro. Caccio un urlo che mi avranno sentito pure in Bangladesh. Al ritorno mi rendo conto che, per la frenesia, sono entrato nel bagno delle donne. Pazienza. I miei amici si scompisciano. Io sto male. Ma fisicamente male. Questi inveiscono a ogni cosa, sbruffoneggiano, sommergono la nostra squadra di stereotipate acclamazioni. Che belve. L'uomo, mi dico, si aggrega e diventa simile alla bestia. Panem et circenses. Siamo così. Anche gli italiani sarebbero stati gli stessi. Si va ai supplementari, dopo una sofferenza indicibile (la Francia avrebbe meritato un gol e un rigore, sacrosanto questa volta, durante il secondo tempo). Zidane. Che bravo Zidane. Maaammamiaa Zidane che incorna di testa, come ha fatto col Brasile. Zidane che fine triste che hai fatto. Sono sicuro che te la sognerai per sempre quella capocciata. Che poi già che hai perso la testa, ma almeno potevi fargli veramente male. I rigori. Quando Grosso segna mi ritrovo, stremato, ad abbracciare una colonna di sughero dipinta di rosso. Avrei voluto dispensare ombrelli a destra e a manca. Invece mi sono solo abbracciato la colonna.
Ore 22.00: mi spìano che c'è un pub poco distante nel quale è radunato un capannello di italiani. Lo raggiungo di corsa. Gli altri mi stanno dietro. Lungo il tragitto dispenso pugni chiusi a destra e a manca, e gli inglesi tutti mi clacsonano per risposta. Che tanto godono, pure loro. Godono. Arrivo al pub. Mamma quante belle ragazze che ci sono. Si vede che mi manca l'Italia. Ormai la tipa italiana media mi è quasi passata di mente. Mi fisso su una italo-inglese-svedese da panico. Ha le bianche guance dipinte di bianco rosso e verde, è perfetta. Mi afferra la mano per cantare "We are the Champions". Il contatto è meglio del rigore di Grosso. E ora che ci penso anche un po' meglio della colonna di sughero rosso. Siccome sono uno che sa cavalcare l'onda, uno che con le donne ci sa fare, uno che non si lascerebbe mai scappare l'occasione di chiederle almeno il numero di cellulare, in una serata in cui si potrebbe ottenere col minimo sforzo molto, molto di più, decido di saltare al collo di un pelato multitatuato e comincio a zompare con lui. "Pooo po po po po pooo pooo". Finalmente. Che liberazione. Questo che mi sono abbracciato ha un fare un po' strano. Una canottiera con un tricolore... ma non un tricolore qualsiasi... una fiamma tricolore. Anzi, una Fiamma Tricolore. Non è solo: sono due, tre, quattro, salutano romanamente e cantano l'inno nazionale. Sono talmente attapirato che preferivo godermi i francesi. Al diavolo le gnocche. Al diavolo tutto. Non è serata.
Ore 23.00: torno a casa con Fred. Potrei infierire, ma non lo faccio. A metà strada la sua macchina inizia a fumare. "In dieci anni non mi ha mai dato problemi, e proprio questa sera...". Potrei infierire. Al telefono raccomando a mio padre di registrare la telecronaca italiana dell'evento. Mi è mancata. Torno a casa e mi faccio un piatto di pasta col tonno. Mentre tento di guardare le ultime notizie. Internet non funziona. Potrei quasi dire che "Mi sento scotto come il tagliolino al pesto che ho mangiato". Ma inutile illudersi. La mia era solo pasta lessa con l'aggiunta di tonno in scatola sgocciolato. E buonanotte allora.