Dasvideniel: ildeniel e i russi di Guildford

venerdì, dicembre 09, 2005

Il mastino dei Baskerville

Non credo che riuscirei a rispondere con precisione se qualcuno mi chiedesse di indicare il mio primo libro letto. Forse Un'estate davvero eccezionale di Sandra Frizzera, con la sua copertina blu e nera. Ma Il mastino dei Baskerville, di Conan Doyle è venuto molto, molto presto. A dodici anni Sherlock Holmes e Watson mi hanno tenuto sveglio per ore di sera. Ricordo benissimo il libro, con copertina rigida, gialla e verde, un'edizione per ragazzi, con illustrazioni. Credo di poter affermare con certezza che era stato un regalo di nonna. Di libri me ne avrebbe regalati molti altri. L'indimenticabile Il pendolo di Focault di Eco, che comperammo insieme quando avevo quindici anni alla Feltrinelli di Largo Argentina, una volta che ero andato al lavoro con lei. Ne Il mastino dei Baskerville Sherlock Holmes è alle prese con una serie di assassinii nella brughiera inglese, fittissima di nebbia. Ed ecco spiegato il flashback di ieri notte. Ho messo il naso fuori di casa alle undici di sera e non riuscivo a vedere la macchina di Fred, parcheggiata a sei metri di distanza. Con in cuffia Bill Frisell, ho iniziato a camminare, e lentissimamente ho raggiunto il fiume, in città. Ed ho camminato, credo, per due ore, seguendo solo il cortocircuito mentale in cui mi trovavo. Nella mente ancora La buona Novella di De André, per via dell'Immacolata Concezione. Ieri ve ne ho riportato il passo relativo all'annunciazione, appunto. Abbiamo veramente bisogno di dogmi in cui credere? Credo che il dogma dell'Immacolata sia stato introdotto recentemente (negli ultimi 150 o duecento anni?) ma la mia opinione è che questo, come la maggior parte dei casi in cui un Papa si è avvalso della sua presunta infallibilità per proclamare un dogma, sia un abuso. Non fanno che aumentare la distanza tra gli uomini e Dio, pretendendo di classificare che cosa Dio sia e che cosa Dio voglia. Siccome invece Dio è una cosa seria, ci si dovrebbe concentrare solo sul senso di spiritualità e di trascendenza. C'è qualcosa di estremamente spirituale in tutta La buona novella del cantautore genovese. E nemmeno l'ombra del dogmatismo che appesantisce la nostra tradizione. Mentre, ancora una volta in così pochi giorni, mi lasciavo andare, ma questa volta nella nebbia fitta, spostavo continuamente la mia attenzione, senza quiete. Mi muovevo tra qui e Roma, nei primi anni novanta, come vi dicevo prima. Il Portico d'Ottavia, il Ghetto, nonna che porta la posta al Campidoglio e compra le buste di caffè nel bar del posto. Un paio di jeans dell'Avirex e il piumino Moncler durati una vita, la prima tastiera. All'epoca facevo fatica a starle dietro, per come camminava. Ed ancora Nemi, la pasta fatta in casa, il formaggio fritto, le fette biscottate con la ricotta di Domenica mattina. Non ci siamo mai salutati definitivamente. Non ho fatto in tempo a tornare a casa da scuola. Che mi dici adesso? Consigliami. Fammi capire che cosa devo credere, in che cosa sperare. Non farmi rassegnare all'idea che siamo di passaggio, che le nostre azioni non significano nulla. Prendi per esempio te, non vedi che bella e pesante eredità che mi hai lasciato? La traccia di te mi trapassa ogni giorno, ci è rimasta impressa nella carne. Passami una mano sotto il braccio. Guidami a superare l'aridità ed il freddo del meccanicismo, del relativismo. E questo senso di incompletezza e di responsabilità che mi porterò dietro a vita. Domani tua figlia compie cinquantuno anni. Credo che da dieci abbia smesso di essere interamente serena. Non che non lo sia mai. Solo che anche quelle rare volte che tira il fiato e potrebbe stare serena, non le riesce mai del tutto interamente. Lo stesso senso di incompletezza. Ci manchi. Io vorrei che fosse tranquilla. Buonanotte.

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